venerdì 15 giugno 2012

Obbedienza civile - di Alessandra Caraffa

Una nuova battaglia per l'acqua bene comune
Martedì 12 giugno, ad un anno esatto dal referendum contro la privatizzazione dell’acqua, il Comitato provinciale di Terni per l’acqua bene comune ha consegnato ai funzionari del Sii (servizio idrico integrato) centinaia di reclami per la mancata applicazione degli esiti referendari. La campagna di obbedienza civile è partita in molte città italiane - nei giorni del primo compleanno della grande vittoria del popolo referendario - con lo scopo di far rispettare il voto espresso dai 27 milioni di cittadini che hanno partecipato alle consultazioni. Rispettare il voto significa inequivocabilmente eliminare dalle bollette dei servizi idrici la “remunerazione del capitale investito”, voce di spesa abrogata dal secondo quesito referendario.
Nessun gestore ha, ad oggi, applicato la normativa in vigore dal 21 luglio 2011: per tutta risposta, i comitati già attivi durante la campagna referendaria sono tornati a far sentire la propria voce, chiedendo la decurtazione dalle bollette del capitolo di spesa abrogato dal voto popolare e sottoscritto dal Presidente della Repubblica nel luglio dello scorso anno. La campagna di obbedienza civile si è svolta - a Terni – principalmente in occasioni e spazi pubblici, ed è stata sin dall’inizio caratterizzata dalla decisa volontà di denunciare il gravissimo “furto di democrazia” per cui il voto di milioni di cittadini rischia di essere scavalcato dagli interessi del capitale.
In questo senso la situazione ternana non costituisce un’eccezione: in tutta Italia è valso un giochino - suggerito curiosamente da Napolitano junior ad Acea - che prevede lo spostamento della cifra illegittima dalla voce “capitale investito” a quella “costo finanziario della fornitura del servizio”. Il profitto non va dunque eliminato, basta che non venga considerato un “utile” ma un costo per l’erogazione del servizio: è sufficiente dunque cambiargli di nome e il pericolo di una gestione dell’acqua senza lucro è sventato.
Non a caso, a partire da gennaio 2012, dalla bolletta del Sii è sparito quel 7% di remunerazione del capitale ed è comparso un magico aumento del 6,22% del costo della fornitura dell’acqua. La tesi di Giulio  Napolitano, per cui la cifra in questione non è un profitto per le Srl bensì un costo di gestione del servizio, è stata dunque accolta a Terni come altrove - Puglia vendoliana compresa.
Ed è esattamente questo l’argomento utilizzato dall’amministratore delegato del Sii al momento del confronto con i rappresentanti del Comitato provinciale ternano: si tratterebbe di costi di gestione, non di profitto.
Durante la consegna dei moduli c’è stato un lungo confronto tra il comitato referendario e l’Ad del Sii, Graziano Bernardi, cui sono stati esposte le ragioni delle centinaia di cittadini ricorrenti e della lotta perché l’acqua sia un bene comune e non una merce. Ben 416 famiglie, soltanto in questa prima fase della campagna, hanno chiesto il rimborso del 7% della bolletta. Ma dal Sii rispondono che si applicano tecnicamente le delibere dell’Ato, l’assemblea dei sindaci che dispone le linee guida della gestione del servizio. Da parte del Comitato non può che essere sottolineata la permeabilità dei rapporti tra l’Autorità (l’Ato) e il gestore (il Sii), che poi è quella che caratterizza tutte le gestioni miste pubblico-privato, tramite le quali i poteri forti si rinnovano sul terreno fertile dei servizi essenziali come la gestione di acqua, vie di comunicazione e rifiuti. La società consortile Sii è al 75% pubblica (composta per il 51% dai Comuni della Provincia, per il 18% dall’Asm, l’azienda municipalizzata del Comune di Terni, e per il 6% dall’Aman di Narni e Amelia), e per il 25% in mano alla proprietà privata di Umbriadue Scarl.
Ricordiamo che al tempo dell’applicazione della Legge Galli in Umbria, parte della Umbriadue Scarl era riferibile all’imprenditore Agarini, figura non proprio marginale dell’economia ternana, in stretto sodalizio con la precedente amministrazione. Ad oggi, a fronte delle battaglie contro il revamping dell’inceneritore Terni-Ena, non stupisce la presenza di Acea anche nella holding che fa profitti sul servizio idrico nel ternano. Sembrerebbe singolare la situazione per cui i Comuni della Provincia diano direttive ad una società di cui essi stessi sono gli azionisti di maggioranza. La spiegazione è semplice: il ruolo preponderante del “pubblico” è solo apparente; i patti parasociali assegnano al privato un ruolo decisivo in quanto le decisioni vengono assunte non a maggioranza ma con il 76% dei soci, quindi i Comuni sono prigionieri di una normativa per cui il pubblico si assume le responsabilità, mentre gran parte delle carte sono in mano al privato.
Il Comitato è riuscito ad ottenere un prossimo appuntamento col dirigente dell’Ato: la speranza è che non vengano utilizzate ancora - nei confronti di cittadini consapevoli e non certo ingenui - manovre eversive che spostano responsabilità e parole lasciando tutto com’è, con lo storico risultato del referendum dello scorso anno completamente, illegittimamente, disatteso.

Intervista ad Oriana Marchi, Comitato Provinciale per l'acqua bene comune
Qual è stata la risposta della cittadinanza di fronte a una nuova campagna dello stesso comitato che vinse la battaglia referendaria? Ci si aspettava un così evidente diniego di quanto espresso dal voto popolare?
La gente ci ha riconosciuto e questo ha facilitato la raccolta delle lettere di diffida. E’ ovvio che se potessimo contare sui mezzi di informazione tutto sarebbe più facile, ma i giornalisti purtroppo raramente ci prendono in considerazione. Recentemente l’Umbria Water Festival ha imperversato per un intero fine settimana in tutta la regione: tutti insieme l’hanno data vinta a chi ha inteso, purtroppo con il supporto delle istituzioni provinciali e regionali, “eventizzare” l’acqua come già successo con il cioccolato, dimenticando che l’acqua ha invece bisogno di protezione e sensibilità.
Qualcuno è rimasto allibito dalle nostre denunce perché riteneva che, una volta raggiunto il quorum al referendum del 2011, la storia fosse già diversa; altri, più attenti, si erano resi conto che nulla è ancora cambiato e sono stati ben felici di avere un’altra opportunità per dimostrare il loro malcontento. Da qui il buon successo della Campagna anche nei nostri territori.
Pensi che la situazione della provincia di Terni presenti delle specificità rispetto a quanto avviene a livello nazionale?
Purtroppo sì, anche a livello regionale: basti pensare che un metro cubo d’acqua nel ternano costa quasi il doppio che nel perugino. Nel ternano, oltre alla “remunerazione del capitale” - il famoso 7% che dovrebbe essere decurtato dalla bolletta per effetto del referendum - stiamo pagando anche 17 milioni di euro a copertura delle perdite che il gestore (il Sii scpa) ha avuto negli anni passati e che l’Ati 4 ha deciso di ripianare. Va sottolineato che questa prassi non è consentita dalla legge, tanto è vero che il Tar dell’Umbria ha emesso una sentenza in questo senso (al momento si è in attesa della sentenza del Consiglio di Stato, ndr). La cosa più vergognosa: ogni anno l’Ati adotta una delibera per stabilire la tariffa media del servizio idrico integrato che si basa sul Piano d’Ambito (il contratto stabilito a suo tempo fra Ati e Sii) e l’ha fatto anche per il 2012. Peccato che il facile conteggio che porta alla determinazione della tariffa sia stato contraffatto e, anziché decurtare il 7%, la delibera preveda un ulteriore aumento del 7% pur se, a parole, viene riconosciuta la necessità della cancellazione della quota di remunerazione del capitale.
Cosa si aspetta il comitato? Pensate che il gestore accetti le istanze di rimborso? Vi aspettate qualcosa da parte dell’amministrazione?
Il Comitato ovviamente crede nella bontà di questa iniziativa in quanto non fa altro che ribadire quanto già sancito dal referendum e per questo si è nuovamente attivato affinché l’argomento, a un anno esatto, ritorni di attualità. Nello stesso tempo ci si rende conto delle difficoltà. L’attuale vuoto legislativo a livello nazionale non fa che facilitare l’alzata di spalle da parte del gestore e, quel che è peggio, da parte degli amministratori locali che, un po’ per ignoranza della materia, un po’ perché strangolati dalle ristrettezze economiche, non riescono neppure lontanamente ad immaginare una gestione del servizio idrico davvero pubblica e  partecipata.
Aggiungiamo che il direttore tecnico dell’Ati, l’ingegner Spinsanti, si è degnato di concedere un incontro al Comitato aggiungendo che in dieci minuti sarà in grado di spiegarci tutto, ribadendo così ancora una volta la sua odiosa certezza di aver sempre a che fare con degli ingenui.

Pubblicato su Micropolis - Giugno 2012

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